Le poesie di nonno Francesco

Nonno Francesco è nato a Santo Stefano di Camastra il 5 giugno del 1901 e ci ha lasciati il 10 dicembre 1946. Non l’ho mai conosciuto, al contrario di nonna Cettina che tante cose di lui mi raccontò tanti anni dopo prima di raggiungerlo.

MALINCONIE
Un desiderio acuto di sentirmi morire
un senso di stanchezza, di languore,
un’onda di pensieri, un peso al cuore
ed altro ancora che non so ben dire.
Malinconie… nascenti da un sorriso
tanto lontano, già dimenticato…
d’un sogno che vorrebbe il cor mutato
in realtà, d’un po’ di paradiso
intravveduto appena dal cupore
che mi circonda e che mi stringe il core.

FINZIONE
Cara fanciulla, avrei desiderato
non incontrarti, non vederti mai
ma il caso ch’è cattivo t’ha mandata
incontro al mio cammino. T’incontrai
in una sera in cui di malumore
ero preda di torbida tristezza
ed il tuo sguardo buono pel mio cuore
ammalato fu soave carezza.
Io ti seguii, cercai un tuo sorriso
uno sguardo fugace, mi bastava
sentir la voce tua, l’allegro riso
che di più il mio cuore non cercava.
Ma quando seppi che l’allegro fare
non era che finzione e che nel cuore
tu celavi il dolore e che l’amore
t’era vietato, credi piansi assai
le nostre giovinezze sventurate.
Tu per la strada sorridendo vai
un ghigno tien le pene mie celate.

M’AMA…. NON M’AMA
M’ama… non m’ama… L’innocente fiore
ad una ad una le sue foglie cede
soffre anche lui per il mio grande amore
al qual la donna amata non dà fede.
La mano che trattiene il fiore trema…
Cadon le foglie candide pian piano
e trema pur la voce nella tema
d’un no che renda ogni desire vano.
… Non m’ama… m’ama! Della margherita
il gambo spoglio getto nella via
e corro, corro dalla donna amata.
Ma un sogno ell’è, che della margherita
le foglie il vento fa volare via…….
Piange l’anima triste, sconfortata.

DISTACCO
Tu parti e ti distacchi dalla via,
che per un poco noi seguimmo assieme,
senza voltarti… Che malinconia
per chi si illuse di volersi bene!
Triste o compagna sa la dipartita
senza la speme di incontrarsi ancora.
La strada è lunga, breve assai la vita.
Vane speranze, voi duraste un’ora!

MERIGGIO
E’ tanto assolata quest’oggi la strada!
Con passo svogliato la rozza spelata
trascina a gran stento la vecchia carrozza.
Non bava di vento. Le isole azzurre,
lontane, sul mare deserto di vele
si stanno a specchiare. E sale la rozza,
con stento, pian piano. Sul dorso spelato
un grosso tafano svolazza, si posa,
punzecchia, veloce riprende a volare.
Neppure una voce pei campi assolati
non un animale. C’è solo il frinire
di mille cicale nascoste tra i rami
d’ulivo che sbianca la polvere bianca
del lungo stradale.

CONTRASTI
Nel piccolo villaggio la campana,
col suo tocco argentino,
a la preghiera chiama.
La vecchierella, che sta presso al foco
allegro del camino,
con il suo accento fioco
mormora piano, piano una preghiera
alla Vergine Santa…
La prece della sera.
Nel mentre prega la vecchietta pia
un bimbo passa e canta
allegro per la via.
E il sole muore lungi piano, piano,
pallido, grande, stanco
dietro il mare lontano.
Dai monti sorge, fulgida, una stella…
sorride al sole stanco
con la sua luce bella.

GELOSIA
Era chiara la sera ed era il cielo
picchiettato di stelle sconosciute
da sembrare un enorme, oscuro velo
intessuto di lucciole minute.
Andavo solo in quella dolce pace
errando per la via ben poco nota
e nel mio andare avevo debol face
la fredda luce della luna immota.
A Te pensavo e sulle labbra errava
un dolce riso e nella grande pace
una canzone cara il cor cantava.
Ma poi pensai a lui e s’oscuraro
nel ciel le stelle, il cor non ebbe pace
il dolce riso si fe’ ghigno amaro.

LA MADRE
La madre canta, al bimbo nella cuna,
la canzone del sonno e piano, piano
move la culla. La testina bruna
poggia graziosa sulla rossa mano.
La madre canta d’una fata bella
che avea capelli biondi come l’oro
e in fronte le lucea una grande stella
e abitava un castello tutto d’oro.
E il bimbo dorme e sogna della fata
e vede un gran castello, un fiume d’oro
e tanti fiori variopinti e belli.
Tace il canto…. La mamma addormentata
sorride. Sogna anch’essa un gran tesoro….
Un bimbo, dagli occhioni neri e belli.

IL RITRATTO
Agonizza un bel fiore dentro un vaso
e il debol raggio del sole che muore
dà un po’ di vita all’appassito fiore
che ha là buttato un assai triste caso.
Il resto della stanza è tutto oscuro
sol qualche luccichio in quel cupore
sento che mi si stringe forte il core
guardando un quadro che sta appeso al muro.
E’ il gran ritratto d’una bimba bruna
che sorride dal fondo della tela
con un sorriso che non ha più alcuna
sembianza umana. Un lungo nero velo
col suo cupore quella tela abbruna.
Il sole muore e si fa oscuro il cielo.

SCENDE LENTA LA SERA
Scende lenta la sera sul paese piccino
da le casette basse sull’erta arrampicate.
Un murmure s’innalza dal mare, che vicino
sfiora la sabbia, bacia le barche addormentate.
Il vento fruscia lieve tra le fronde dei tigli
dietro montagne nere sorge rossa la luna.
Ecco un cane che abbaia alla nascente luna,
ecco un coro chiassoso d’innamorate rane.
Una stella veloce solca la notte bruna,
un treno romba cupo sopra rotaie lontane.

LE FOGLIE
Un murmure strano………..
E’ il vento invernale che porta
le foglie secche lontano, per l’umido suolo
farfalle dorate che fanno, cadendo
il primo ed ultimo volo.
Le guardo cadere una ad una,
le seguo con gli occhi dal ramo
giù giù alla terra bruna.
Si staccano al soffio più forte,
si slanciano, si librano un poco
mettendo un indugio alla morte.
Cadute si rialzano ancora, ma stanche
un ciuffo d’erba, una zolla le ferma,
si rialzano ancora a corse più corte,
s’inseguono a giro con lieve frusciare
ricadono…… morte!
Stanotte di polvere fina le coprirà tutte
la brina e il vento domani
trovandole grevi pel volo
passerà via, lasciandole quiete
a marcire sul suolo.

IL MESE DEI MORTI
Come è triste novembre, quando gialle
le foglie della vite ad una ad una
cadute al vento freddo della valle
marciscon lente sulla terra bruna.
Il vento soffia freddo, scuote irato
l’ulivo biancheggiante, il nudo melo
a riva mugghia il mare sconfinato
e il monte copre già di neve un velo.
E’ sera, sul paese tutto nero
cade la pioggia lenta, silenziosa
e suona un bronzo triste una preghiera.
Suona pei monti. Su pel cielo nero
fugge veloce nube tempestosa…….
Il bronzo suona, suona nella sera.

INCUBO
Il sole è tramontato questa sera
livido dietro foschi nuvoloni,
guizza il fulmine nella notte nera
e s’ode a tratti il tuono brontolone.
Il fiume scorre torbido, veloce
tra le casette basse del sobborgo,
nel buio della sera qualche voce,
sempre lo sciacquio perfido del gorgo.
E’ notte di tempesta, di paura
e la civetta canta la canzone
triste di morte. Sono solo, solo
nella casetta vuota, fredda, oscura.
Il vento scuote irato il mio balcone,
il tuono romba e par ne tremi il solo.

RIMPIANTO
Sdraiato resupino penso, sonnecchio, fumo…
C’è nell’aria un profumo lieve di gelsomino.
Da dietro gli alti monti la luna, or non è molto,
sporse il paffuto volto, come per curiosare
su le casette basse del paese dormente
nella pace silente della notte lunare.
Non una voce, un lume, non un segno di vita.
Penso con infinita tristezza al mio passato
al mio triste passato di gioie menzognere
che disperse le nere ali del triste fato.
Penso… A che cosa? A nulla, e sono triste assai,
penso a colei che amai, alla bruna fanciulla,
alla bella fanciulla di un lontano passato
amore un giorno nato per perdersi nel nulla?
Vien dai campi vicini, dal maggese deserto
monotono concerto di grilli canterini.

MALINCONIA
Stanotte, fuori è il tempo, come l’anima mia
ulula il tempo e scroscia la pioggia torrenziale
soffrire e ben mentire, o che malinconia!
Ridere noncurante mentre il cuore fa male.
Però doman mattina, fors’anche tra qualche ora
tornerà azzurro il cielo. Tanto l’è primavera
mentre per l’alma mia sarà sempre come ora
riso che sa di pianto e notte vuota e nera.
Ho sognato un bel sogno, ma fu la sua durata
breve, ho creduto di sognare che per un po’ la vita
mi fosse meno triste. Illusione… E’ passata…
Venticinque anni….. Vecchio! Malinconia infinita.

MEZZANOTTE
Notte insonne, passata al tavolino
da studio, con il capo tra le mani
inseguendo chimere che domani
qual nebbie al sole fugherà il destino.
E’ tardi, i cento tocchi ha già sonati
la torre campanaria da lontano,
i cento tocchi che si seguon piano
in due toni diversi ed alternati.
Lontano, un cane abbaia ad un passante,
forse, o alla luna che dall’alto ride.
La banderuola sul camino stride
monotona, noiosa, petulante.

INSONNIA
La casa dorme,
ascolto il ticchettare dell’orologio
ch’è sul comodino
petulante e monotono è il ronzare
d’una mosca
che certo ha disturbato la luce
che poc’anzi entrando ho accesa.
Son tanto solo……
E scrivo e penso e scrivo.
Stride la penna su la carta dura
or con pigrizia ed ora con premura.
La casa dorme,
sono forse il solo ancora sveglio
in preda ai miei pensieri,
scrivo….. che cosa? Nulla,
son parole prive di senso,
senza nesso alcuno,
frasi d’amore che non hanno meta,
frasi sciocche di gioia menzognera
e frasi tristi che non hanno scopo.
La penna stride, lenta o con premura,
l’orologio ticchetta senza posa
la mosca ronza
inquieta attorno al lume.

NOTTE
Una stella, due stelle… tante stelle,
tante che non si possono contare
piccole, grandi, oscure, tanto chiare,
ma tutte tremolanti, tutte belle.
E poi la luna, appena una ritaglia
quanto basti per dire: “C’è la luna”.
E ancora il mare, la campagna bruna,
lo zirlare dei grilli tra la paglia.
Per l’aria calda e queta c’è l’odore
del frumento mietuto e della terra,
da lungi canta un cuculo in amore….
………………………………………………
Notte di Luglio nella nostra terra.

LA VITA
Un giorno muore e ne succede un novo
ed oggi come ieri io mi ritrovo.
Io mi ritrovo stanco, sfiduciato
un giorno è morto, un altro giorno è nato.

di Francesco Manera